C’era una volta l’America
Gli americani in tutta la filmografia dell’ultimo secolo sono stati descritti come i conquistatori buoni, i salvatori della civiltà, i propugnatori di Stati liberi, addirittura esportatori di democrazia persino in alcune vicende non proprio esemplari.
Generazioni di giovani si sono formati abbeverandosi agli ideali del new deal americano, in taluni casi milioni di giovani hanno scimmiottato anche il look essenziale dei jeans e delle felpe, hanno suonato melodie e swing che cantavano quelle libertà ed una uguaglianza attese e ben scolpite nella costituzione approvata a Filadelfia.
Moltissimi ragazzi son cresciuti con quel mito fatto di stelle a strisce e Ray-ban, cappelli da cowboy e Coca-Cola.
Il sogno americano
La bandiera americana piantata sul suolo lunare nel 1969 fu, per il mondo intero, l’emblema della potenza, ma anche della supremazia delle democrazie.
L’America del mito liberale, gli Stati Uniti che hanno consentito a milioni di emigrati italiani di acquisire competenze, farsi valere nelle attività e nelle professioni contribuendo a rendere il melting pot primo elemento di integrazione sociale capace di migliorare ognuno e far crescere la comunità.
Gli Stati Uniti per noi europei ed italiani sono stati l’ancoraggio certo alla libertà contro l’oppressore sovietico ieri ed oggi anche quello cinese.
E veniamo a vicende politiche interne: l’atlantismo e l’alleato americano sono stati un discrimine politico che ha segnato il dopoguerra italiano rendendo il nostro Paese più prospero, più moderno e più ricco.
Da una parte De Gasperi e Saragat (dileggiato dalla solita sinistra come più amerikano della Coca-Cola) e dall’altra Togliatti ed i socialisti di Nenni.
Settanta e passa anni che hanno consentito crescita civile e pace nel segno di una collaborazione autentica, leale, proficua pur nelle diversità e nella voglia di marcare la reciproca sovranità (Sigonella vale per tutte!).
Novello oppressore imperialista
Mi sembra oggi di vivere un incubo, una sorta di visione mostruosa che fa degli Stati Uniti un novello oppressore imperialista che minaccia dazi ed aggredisce confinanti ed alleati per estorcere commesse e moltiplicare a suon di proclami la penetrazione nei mercati internazionali dei propri prodotti.
Gli Stati Uniti ci avevano insegnato che il mercato, fatto di eticità e qualità, avrebbe dovuto prevalere sulle pressioni e costrizioni, sulla forza del ricatto e talvolta delle armi; che un mercato libero era il naturale terreno per una sana competizione tra aziende e paesi e che in quella corsa gli Stati Uniti e tutti i paesi autenticamente democratici avrebbero potuto misurare successi e vantaggi.
Dovremo abituarci ad una declinazione diversa, oserei dire “avversa” dove l’alleato yankee, l’amico americano, prima di una ragione comune prova a garantirsi quote di mercato a strappare commesse e vantaggi; prima di esportare equilibrio e civiltà per consolidare le ragioni della pace prova a monetizzare un consenso interno fatto di mercati protetti e dichiarazioni estemporanee.
La Groenlandia, il Canada, il Messico, il canale di Panama e l’Europa stessa sono tutte esercitazioni improbabili di un’America irriconoscibile e matrigna che minaccia e blandisce, che ostenta e compra, che rinnega e abbandona.
Il ruolo dell’Italia e dell’Europa
L’Italia potrà essere protagonista di una rinnovata vitalità in Europa oppure trattare in proprio con esercizio ancillare o strumentale rispetto al nuovo corso statunitense.
Siamo ad un bivio delicato e strategico per il quale occorrerebbe un nuovo manifesto paneuropeo, un nuovo spirito sovranazionale, una nuova azione di leadership illuminata…
Non bastano i summit di Parigi che misurano fragilità e divisioni, serve coraggio ed azione.
Draghi non senza difficoltà prova a far sentire le ragioni di un intervento indispensabile e rapido, di un sussulto ispirato ai valori fondanti che Spinelli, Monnet, De Gasperi, Schuman, Beck, Adenauer e Spaak alimentarono costruendo una speranza prima che un organismo associativo di Paesi.
Solo un’Europa unita può evitare il ridicolo della trattativa diretta per la pace in Europa tra Usa e Russia, solo un’Europa tonica può contrastare le aggressioni (anche informatiche) di Putin e dei suoi seguaci, solo un’Europa capace di assumere decisioni necessarie e dolorose può essere interlocutore affidabile sul piano internazionale!
Viceversa si torna alla storia di liti, guerre ed invasioni tra Stati europei con l’intervento risolutore di volta in volta di Usa, Russia o Cina di turno!

Politico – medico – scrittore