Vico e Bruno, due moderni profeti

E’ sorprendente come le menti brillanti del passato riescano talvolta ad entrare in armonia dando vita a  visioni osmotiche, integrate e quasi profetiche. Due di queste magnifiche intuizioni appartengono a Napoli e alla sua provincia e si identificano con le carismatiche figure di Giambattista Vico, nato nel capoluogo partenopeo a via San Biagio dei Librai 112 e con quella del nolano Giordano Bruno.
Si tratta di due profili distinti e rutilanti dal punto di vista gnoseologico che convergono su posizioni pressoché parallele per quanto concerne l’ evoluzione della conoscenza.
Vico sosteneva la ciclicità dell’evoluzione umana, un concetto che preconizzava “l’eterno ritorno”  di Friedrich Nietzsche e che rimanda alla sistematica ripetizione di eventi e condizioni storiche nel bene e nel male. Bruno, da parte sua, scorgeva “massimi e minimi” storici dettati dalla prevalenza di determinate culture e religioni. La cultura egizia declinata nell’arte, nella spiritualità e nelle relazioni sociali era per il nolano, un esempio di innalzamento civile senza eguali e che poteva rinnovarsi solo nell’ orfismo  degli intellettuali più fecondi. La rassegnazione supina che spesso il cristianesimo promuove e continua a professare ancora oggi per certi versi, rappresentava per Bruno una “bestia” da espellere e, al tempo stesso una forma particolare di asinita’ detta “santificata”.

L’ evoluzione del pensiero e della conoscenza che il nolano attribuiva solo alle culture del passato, si rispecchiava in buona sistanza nelle acute intuizioni del filosofo di Spacca Napoli. 
Vico assegnava difatti alle tronfie rivendicazioni di modernità delle sedicenti società “civili”  l’ epiteto di “nuova barbarie”. Oggi si sbandierano e si ostentano i traguardi dell’ Intelligenza artificiale senza  riferire che essi conseguono scarsi riscontri in termini di “analisi costi benefici” e che alimentano insanabili contraddizioni dal punto di vista energetico, etico e morale. La megalitica quantità di informazioni della quale si avvale l’ Intelligenza artificiale necessita di innumerevoli banche dati e server di gestione che consumano flussi energetici a dire poco siderali. E’ un marchiano dato di fatto, però, che i suddetti flussi energetici siano ad oggi incompatibili  con le ridotte potenzialità che il sistema economico e produttivo mondiale offre. Alcune grandi  società americane stanno riattando centrali elettriche a carbone per attivare e rendere operativa l’ erogazione energetica necessaria a trattare la megalitica ondata di dati necessari al funzionamento dell’ Intelligenza artificiale. Ciononostante si parla di emergenza ecologica e climatica nel corso di una fantomatica transizione energetica che rischia di tramutarsi in un mero slogan da mercatino rionale.
Al tempo stesso il Vecchio Continente perde progressivamente ricchezza (ne perderà altra con i dazi di Trump) per il tracollo di tradizionali settori trainanti dell’ economia quali agricoltura e manifatturiero.

Il governo italiano resta a guardare  la caduta verticale dei predetti settori crogiolandosi sulla retorica  dei valori storici del bel Paese e dell’ impero romano, promettendo un posto in prima fila proprio ai colossi tecnologici della Silicon Valley che farebbero di tutto per procurarsi la corrente necessaria all’ attivazione dell’intelligenza artificiale. Tutto questo accade mentre la regione di Vico e di Bruno, la Campania, primeggia con Sicilia e Calabria in ordine alla povertà. Allo scrivente piace fantasiosamente  immaginare una dotta elucubrazione fra illustri campani del tempo che fu, in cui Bruno e Vico, rivolgendosi compiaciuti al sommo pensatore e legislatore cilentano, Parmenide di Elea abbiano esclamato: “avevi ragione tu, vecchio mio: il cambiamento non esiste. L’ Essere e’ eterno e immutabile”.

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