Voto di scambio: il problema è a monte. Ecco perché
Non è una novità che ad ogni elezione comunale la linea vincente sia tale non per fede politica condivisa dagli elettori ma per favore e simpatia personali. È una realtà con cui ci si confronta costantemente, accettata con becero fatalismo perché, come tutto il sistema che ci circonda viene percepito, “così è e così rimarrà”. Una domanda sorge però spontanea: se in una città ci sono problemi ristagnanti che aspettano una soluzione da decenni, perché le persone non si rivoltano per ottenere ciò che gli spetta, opponendosi a questo governo dei pochi che siedono tra le fila dell’amministrazione mai estromessi? La risposta è, appunto, a monte della questione. L’idea di mancanza di alternative interiorizzata dai più fa dominare l’arrendersi sull’organizzarsi, perché lo Stato non tutela e il nostro governo stanzia più fondi per la guerra in Medio Oriente che per il sostegno ai poveri in costante aumento (Fondo Povertà: 439.000.000 euro; Previsione spesa in armi per il 2024: 29.000.000.000 euro, cifre visionabili rispettivamente sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e del Ministero della Difesa). Ed è lì, che gli sciacalli depredano. Una donna di Nola, abitante delle case popolari, confessa alle Iene: «(I voti) vengono a cercarli ogni anno nelle case popolari» e alla domanda dell’intervistatore «E voi accettate ogni cinque anni?» replica rassegnata «Purtroppo sì». Ancora, sempre nello stesso servizio, ad una coppia viene chiesto: «Il fatto che si comprino i voti è normale?». La risposta arriva subito, tutt’altro che esitante: «Cento euro fanno comodo». Sono persone che avrebbero bisogno di un totale sovvertimento dei ranghi che dirigono la città, da sempre troppo poco coinvolti nelle vicende che le riguardano. È impellente la necessità di rappresentanti che si facciano realmente carico dell’emergenza abitativa in essere in palazzi fatiscenti messi su sessant’anni fa e mai più rimaneggiati, e poiché quest’urgenza viene ignorata, i residenti si ritrovano a vendere il loro voto agli avvoltoi che con false promesse chiudono trattative esclusivamente a proprio vantaggio.
Il sindaco rassegna le dimissioni, la magistratura indaga: ma i deboli chi li tutela? È l’inganno dei privilegiati che sfruttano per i propri interessi le speranze collettive di una realtà come quella della Gescal, dove da anni gli abitanti nutrono la speranza di una riqualificazione del territorio in cui vivono, e che l’exploit seguente le dimissioni del sindaco infrange ancora: proprio quando i problemi saltano fuori in maniera più rumorosa, diventa meritevole di considerazione qualcosa di sempre un po’ più interessante. Pare essersi perso davvero il punto, ci si dimentica che, come sempre in casi del genere, ad avere la peggio siano le minoranze, e chi le condanna moralmente di aver accettato cento euro per fare qualcosa in cui già di per sé non credono -votare scientemente per qualche ingrediente di una zuppa rimestata da anni e in cui, giustamente, non hanno più fiducia- non ha alcuna percezione della condizione in cui sono destinati a versare. Che tutto questo abbia un impatto reale sulla scelta di chi sale al potere, è infatti reso possibile soprattutto da chi di quei cento euro non ha bisogno e si crogiola in una dimensione di passività nei confronti di questo governo, assecondandolo con la propria remissività, quando diventa ogni giorno più necessario avvalersi della potenza che a favore delle masse nascerebbe se a tutto questo ci si opponesse davvero. Perché è storia che «la borghesia ha sempre cercato di contrapporre una tecnica politica che ne imbrogliasse la spinta rivoluzionaria piegandola alla garanzia e al rafforzamento del suo predominio» (Johannes Agnoli, La trasformazione della democrazia, Milano, Feltrinelli Editore, 1969), ma alle masse sociali resta ancora la potenza di capovolgere di questi rapporti di forza. Bisogna iniziare distruggendo quel filo che dall’alto i profittatori muovono per manipolare la comunità, e se questo iniziasse dal basso e si concepisse che i favori promessi non riscontrano profitto, ma soltanto altre infiltrazioni nel legno di una barca che già affonda, il fenomeno sarebbe inarrestabile.