DAD o DDI, è la scuola del futuro. Ogni novità suscita perplessità
DAD o DDI, cambia l’acronimo ma non la sostanza. La didattica a distanza, nata e sperimentata col primo lockdown di primavera, oggi è stata ribattezzata didattica digitale integrata perché va appunto a integrare quella in presenza venuta meno a pochi giorni dall’avvio del nuovo anno scolastico in concomitanza con la seconda ondata pandemica e quindi con il lockdown d’autunno che rischia di protrarsi fin dopo le festività natalizie. Il futuro della scuola, piaccia o non piaccia, è già presente.
E come tutte le novità, specie quelle tecnologiche, porta in sé una serie di perplessità.
Eppure i docenti, specie quelli della vecchia guardia restii alle innovazioni, si sono molto presto adeguati e pure adeguatamente formati. Gli ultimi insegnanti, reclutati e immessi in ruolo dopo il concorsone del 2016, hanno già più familiarità con lo strumento digitale perché figli di una generazione che ha dovuto cimentarsi coi dispositivi multimediali e di conseguenza hanno mostrato di gradire l’innovazione che in pochissimo tempo ha travolto l’istituzione scolastica nazionale e costretto tutti, docenti studenti e genitori, a un rapido cambio di passo.
Ci voleva una pandemia per stravolgere l’anacronismo didattico del Paese e apportare così una ventata di modernità in un apparato stanco. La diffidenza, anche quella delle famiglie, è stata molto presto superata. Agli studenti non dispiace, semmai dispiace la perdita del contatto fisico e la socialità fondamentale a quella età. Socialità che proprio la scuola contribuisce a veicolare dentro e fuori le aule e tra i banchi, con o senza rotelle. Pertanto la scuola italiana, quella di Maria Montessori e don Lorenzo Milani, quella di Edmondo De Amicis e del maestro Marcello D’Orta, è uscita per una volta dallo stereotipo nazional-popolare facendo un salto di qualità, tecnologico innanzitutto. In fondo già sessant’anni fa il maestro Andrea Manzi era stato un precursore della DAD col programma di alfabetizzazione per adulti, ‘Non è mai troppo tardi’. Sessant’anni dopo possiamo ancora esclamare che non è mai troppo tardi per operare uno svecchiamento della didattica e quindi del concetto scuola grazie a una rete, quella telematica, efficiente che tiene unito lo stivale e agli insegnanti che, nonostante tutto, si adoperano con tutti i mezzi a loro disposizione per formare le future generazioni del Paese.